Visualizzazioni totali

venerdì 11 aprile 2014

Viaggio nel "Regno di Op"


Il mio Venerdì sera è nel "Regno di Op" -Paola Natalicchio

"Esiste sempre un punto di leva per ribaltarlo, il dolore,e trasformarlo in qualcos'altro."
Paola è una giovane mamma eroina dei nostri tempi, a quotidiano contatto con il dolore e con il metafisico e umano obiettivo di trasformarlo in "qualcos'altro": per sè stessa, per suo figlio, per chi come lei si trova ad affrontarlo.
Ad un certo punto della vita quando finalmente la strada sembra aver trovato il suo corso, quando finalmente ha un lavoro che la fa sentire realizzata, un marito che la ama e un figlio appena nato che le riempie le giornate di sogni. progetti che sanno di futuro e gioia, ecco che la malattia irrompe nella sua vita con tutto il suo dolore.
E' un dolore talmente forte che non c'è mai spazio sufficiente, talmente dirompente e distruttivo che non si può accettare, che non si sa spiegare, perché quel buio è la malattia,si chiama cancro e chi ne soffre è proprio il suo bambino di soli due mesi.
Scoperto per caso, questo buio si prende tutti i giorni di Paola, di suo figlio, di suo marito, si ammala tutta la famiglia, la gioia fa spazio alla preoccupazione, al quotidiano subentrano le terapie, e i giocattoli vengono sostituiti con materiale sterile che puzza di disinfettante. Catapultati in ospedale, nel reparto di oncologia pediatrica, la piccola-grande famiglia contro questo male, tenendo stretta sotto il braccio la speranza; flebo, chemioterapia, isolamento, tac, analisi, day hospital ..... "un uragano che ti trascina con tuo figlio nello stesso ospedale in cui è nato poche settimane prima".
Tra un respiro faticoso e l'altro, tra occhiaie e lacrime, tra una terapia e una pappa, dentro le notti nelle quali la stanchezza è così atroce e presente che non si riesce a dormire, Paola scrive un blog su questi giorni, sulle sue emozioni, sulla scoperta di quella striscia di mondo in cui si combatte ogni giorno, si lotta con tutte le forze contro la rassegnazione e il buio, e lo si fa senza chiedersi se ci sia alternativa, in balìa di una forza d'inerzia che ha dell'innaturale.
 I racconti di quel blog sono diventati un libro commovente scritto in punta di penna e di cuore:”Il regno di Op”.  
Nel suo libro, Paola racconta le vicende che l’hanno vista diventare mamma anche degli altri bambini e ragazzi che hanno frequentato quella zona di guerra per la vita, sorella di altri genitori,  figlia di nonni che, come lei hanno un libro di domande e soltanto gli occhi dei loro bambini come risposta. Dolore, disperazione, senso di impotenza, frustrazione, raccontati con forza e verità che "sgretolano" e rimpiccioliscono, fanno entrare tra le pieghe di una fetta di vita spesso celata, spesso trascurata come cosa che non ci appartiene.

Questa mamma ci insegna che solo parlando del dolore lo si accetta e lo si prende dalla parte giusta, 

che si può alleviare la paura scambiandosi informazioni ed emozioni, 
che non si è mai i soli  a viverlo, che se si è in tanti a portare questo macigno dividendolo forse sulle singole spalle sembra pesare molto meno. 
A volte si ha solo bisogno di una rete, di un salvagente, di qualcuno che non faccia sentire così diversi e abbandonati alla propria disperazione.
Si può scoprire che dal “regno di Op si può uscire vincitori”, affrontando il male a viso aperto con umiltà e coraggio.
Un Libro che fa riflettere, che farà arrabbiare, piangere e sorridere.
Da leggere... Da Amare....Da Consigliare

Lasciate un segno o voi che entrate............



Ho bisogno di un vostro cenno....di un vostro guizzo....di una scintilla da condividere e dalla quale imparare....sempre con tanto cuore, sempre con tanta passione!!!!!! See you



domenica 16 marzo 2014

La famiglia


Com'è facilmente intuibile,la famiglia ha una funzione di primo piano nella vita di un bambino,ed è importante prenderee come riferimento le dinamiche interne ad essa sopratutto se si intende affrontare il difficile argomento della malattia del bambino.
La famiglia è infatti una unità emozionale che prevede una fitta rete di relazioni significative ,è considerata la "prima palestra sociale" all'interno della quale avviene lo sviluppo dell'emotività,di cui fa parte l'autostima e la concezione di IDENTITA' FAMIGLIARE che comprende un'insieme di valori e di punti di riferimento più o meno stabili.
Nella famiglia vengono esercitate le funzioni genitoriali;la maternità (accoglimento,contenimento,simbiosi) e la paternità (offerta ed imposizione di regole,funzione di limite e di separazione alla simbiosi materna,autorevolezza,resa del soggetto individuo autonomo),queste funzioni possono essere svolte indifferentemente dall'uomo o dalla donna,mentre invece i sentimenti genitoriali;essere padre,essere madre sono propri e imprescindibili. Il primo prevede la necessità di superare il narcisismo primario nei confronti del figlio che nasce per trasformarla in percezione del figlio come essere diverso da sè di cui aver cura incondizionata(superamento della gelosia),il secondo invece,l'essere madre,comprende una completa riorganizzazione della personalità in funzione del figlio.
Purtroppo il vissuto genitoriale può scendere in alcune derive,come ad esempio la cultura del bambino come "risorsa" per una distorta gratificazione dell'adulto,in questi casi nei primi tre anni di vita del bambino si ha la gratificazione maggiore,quando invece comincia ad avere gli elementi per opporsi ai genitori solitamente cominciano i problemi.
Un'altra deriva è quella del bambino come prolungamento dell'identità fregile dei genitori,diventa cioè il perno attorno al quale ruota il ruolo dei genitori (es. quelli disputati in cause di divorzio o quelli messi al mondo durante una crisi. Il bambino e la sua nascita divantano quindi uno strumento per l'acquisizione di una identità e autonomia addulta altrimenti ostacolata,questo genera facilità nella rimozione dei sentimenti di affetto ed attaccamento nei confronti dei figli nelle situazioni critiche,incapacità di ascoltare autenticamente i bisogni dei figli,difficoltà generali nelle relazioni con essi.

giovedì 6 maggio 2010

La fiaba e il racconto


La fiaba nel campo dell'educazione del bambino in ospedale può considerarsi uno strumento a tutti gli effetti. Può essere utilizzata in diversi modi,il primo,forse il più scontato ma non di banale uilizzo è nello stato di immobilità forzata,di semi-coscienza,o di cecità,la lettura. Non si intende una lettura fine a sè stessa,una lettura animata con la voce,con oggetti,e nel caso di possibilità anche da imagini o proiezioni,una lettura contestuale e contestualizzata da parte dell'educatore,che ha il compito di fungere da veicolo verso un immaginario di un mondo fantastico,che il bambino può utilizzare provvisoriamente da mondo interiore entro il quale rifugiarsi,entro il quale reinventarsi ciò che non può essere a causa delle diverse condizioni fisiche e stressogene.
Un'altro utilizzo è rappresentato dalla rappresentazione (qualora sia possibile),con il mezzo del disegno,del colore,della rappresentazione teatrale conetstualizzata,della musica,degli oggetti a disposizione...con lo scopo di reinventare per quanto possibile materialmente il "mondo ideale-fantastico",che diventa di fatto una rielaborazione pratica della fantasia che corre anche se le gambe non sono in grado di farlo.
L'educatore in queste pratiche semplici ma molto delicate e sottili deve possedere l'abilità di essere attore,regista,voce,occhi e spirito di questo mondo che si intende creare,deve possedere la dote di inventare e reinventare a seconda delle esigenze partendo dalla realtà,passando per la fiaba,il sogno,la fantasia,per poi tornare alla realtà d'origine con il senso di leggerezza di un viaggio,un viaggio che solo i bambini con la loro caratteristica innata (ingenuità e spensieratezza) riescono ad apprezzare e a fare loro al 100%.

martedì 4 maggio 2010

il gioco di ruolo


Un'altra cosa importante che può essere utilizzata come utilissimo mezzo di cui avvalersi nella pratica educativa incentrata sul bambino in ospedale è senza dubbio il gioco di ruolo.
E' infatti provato che il "giocare al dottore" magari con l'utilizzo del camice debitamente colorato ed adattato per l'occasione,e con l'utilizzo di oggetti che di solito si utilizzano nella pratica medica (come bastoncini,siriunghe senza ago,garze,cerotti,ecc..),aiuta il piccolo paziente ad entrare pioano piano con lo strumento del gioco,in confidenza con l'ambiente stesso e con le figure che lo compongono,superando in primo luogo la prima fobia legata appunto al camice bianco,e all'associazione che esso comporta(camice-terapia-dolore).
Con gli oggetti ad uso medico si possono quidi creare elementi di gioco anche in gruppo,informando i bambini del consueto utilizzo ed eventualmente giocare alla loro trasformazione

lunedì 3 maggio 2010

La stimolazione cognitiva nella lungodegenza


La stimolazione cognitiva è uno strumento verbale che solitamente si utilizza quando si ha a che fare con una forma di demenza. Tale strumento come tutte le pratiche educative,è adattabile e ritarabile a seconda del grado di demenza e delle condizioni del soggetto in questione.

Può apparire insolito associare tale pratica ad una lungodegenza qualsiasi di un bambino ospedalizzato il quale problema può essere anche soltanto una terapia funzionale...eppure ho sperimentato personalmente che alcuni esercizi di memoria (come l'associazione colore-oggetto,oggetto-professione,ecc..) possono decomprimere lo stato di ansia e prevenire lo stato di "atrofizzazione" che può essere provato durante un lungo periodo in ospedale.

Un esercizio che diventa gioco,che diventa risorsa,mezzo per conoscersi ed avvicinarsi,se fatto in gruppo allargato può essere anche spazio per una competizione sana sempre con lo spirito del gioco.



giovedì 12 febbraio 2009

L'educazione del bambino malato


Per affrontare il pericoloso e tortuoso percorso che porta all'educazione che ha per utente il bambino malato è necessario che l'educatore possieda alcune caratteristiche fondamentali:
VOLONTA'-lavorare sul desiderio e la speranza del bambino di guarire,di realizzare i suoi desideri,concentrandosi sullo sviluppo e il mantenimento della fiducia nella terapia e nella guarigione.
COMPETENZA-guidare alla gestione della malattia e della terapia in autonomia basandosi sullo sviluppo della stima di sè attraverso la ricerca di diverse capacità che comprendono divrse forme di espressione,di studio,di arte,di musica nelle queli la malattia non è un'ostacolo(potenziamento dello sviluppo prossimale).
FINALITA'-capacità di porsi obiettivi e fini adeguati alle personali possibilità e risorse del bambino.
Queste caratteristiche devono essere rese nel concreto dell'intervento educativo tenendo sempre presente i fattori determinanti l'esperienza di malattia,che sono i sentimenti predominanti del vissuto di malattia del bambino già citati nei post precedenti:
Senso di abbandono:dovuto alla separazione fisica dalle figure di riferimento affettivo che risulta ingiustificata,incomprensibile e per questo insostenibile,ma anche provocato da un'incostante e confuso atteggiamento di distanza emotiva di alcuni genitori.
Senso di colpa:dovuto alla convinzione del bambino che la malattia e il dolore siano in qualche modo una conseguenza di una sua colpa e il fatto che ai suoi occhi non siano in grado di proteggerlo dalla frustrazione che questi fattori determinano,rappresenta una sorta di conferma della sua convinzione.
Senso di morte:fantasie di distruzione e di annientamento provocate dal deperimento fisico e alla non comprensione di tale accadimento.
Perdita di sè:Perdita dell'idea del sè a causa di un'evento terribile ed imprevisto che agisce modificando il corpo e i progetti di vita.
L'educatore deve quindi progettare un'intervento educativo personalizzato a seconda delle caratteristiche e delle esigenze del singolo,orientato allo scopo di aiutere il bambino a riappropriarsi di un orizzonte di senso positivo tramite esperienze mediate tra il sè interiore,la realtà malattia e l'ambiente circostante creando uno spazio e un modo destinato ed adatto alla riflessione sul sè.Gli obiettivi di questo intervento devono essere incentrati ad aiutare il bambino a riappropriarsi di un'orizzonte di senso non pervaso dal dolore,dall'angoscia,bensì arricchito di speranza e desiderio di vivere nonostante le difficoltà della malattia,come a sostenere il mantenimento delle capacità acquisite e non compromesse.